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Antonio Saccone (Udc): «Il sovranismo ha perso, serve un pensiero moderato»

«Disgustose le parole di Comencini su Mattarella»

Antonio Saccone, lo ha sentito il leghista Vito Comencini? Dal palco di Pontida ha detto che Mattarella gli fa schifo. Il senatore dell’Udc lo ha sentito, lo ha sentito eccome. E dalla Festa nazionale dell’Udc che si chiude oggi Fiuggi, le sue parole sono di sconcerto ed indignazione: «Trovo le affermazioni di Comencini disgustose. Ma non solo, vi vedo tutto il segno di una politica scellerata che non misura le parole. Non è solo e tanto questione di bon ton. E’ qualcosa di più grave: è la manifestazione rozza di una irriducibile ostilità alle istituzioni in cui si articola il nostro sistema democratico. Quanto a Comencini e alle sue intemperanze, nemmeno degne delle osterie, spero che Salvini adotti le misure necessarie per isolare chi si permette di mancare di rispetto in modo così volgare al presidente della Repubblica. Il governo in carica può piacere o meno, e a noi non piace, ma non vi è dubbio alcuno che sia un governo legittimo e che Mattarella si sia scrupolosamente attenuto al dettato costituzionale nel gestire la crisi del primo esecutivo Conte».


La vostra Festa, chiusa oggi dal segretario Lorenzo Cesa, si intitola “La forza della ragionevolezza”. Ecco, appunto una ragionevolezza che pare difetti non poco al partito di Salvini. Partito con cui alle elezioni del 2018 eravate alleati.


«Ragionevolezza innanzitutto, significa rispetto. Rispetto verso gli altri, rispetto verso le posizioni diverse dalle nostre. Ancor di più è per noi motivo di vanto aver pensato ad una festa del genere, dove abbiamo ribadito e ribadiamo che al centro dell’iniziativa politica dell’Udc c’è la nostra identità culturale, i nostri valori, che si rifanno al pensiero più alto del popolarismo italiano, da don luigi Sturzo a de Gasperi. Noi siamo, e lo dico con orgoglio, una cosa ben diversa sia dai cosiddetti populisti sia dai sovranisti».


Il che, mi perdoni, mi fa pensare che il processo di ri-costruzione di un centrodestra unito è assai più complicato di quanto si creda.


Lo dico con estrema chiarezza: i sovranisti e i populisti in Europa hanno perso. Ebbene, che facciamo in Italia? Abdichiamo alla nostra identità, ai nostri principi, ai nostri valori per abbracciare i populisti e i sovranisti? A me sembrerebbe una totale follia! Io sono e rimango democratico cristiano. E mi permetto di notare che una coalizione dove a voler tenere in mano le redini del comando fossero solo la Lega di Salvini o Fratelli d’Italia non sarebbe più il centrodestra che abbiamo conosciuto, sarebbe un destra-centro. Un’altra roba in cui ho, francamente, forti difficoltà ad immaginare la nostra presenza. Se le forze centriste e liberali scimmiottiamo i sovranisti – e pare purtroppo che questa sia la fase – i moderati scapperanno. Non parlo di deputati e senatori, parlo degli elettori. La Meloni non potrà mai rappresentare i moderati e una Lega così trasbordante non dico che al moderato mette paura, ma certamente lo spinge a guardare altrove, ad altre offerte politiche, o a rifugiarsi nell’astensionismo. Oggi i sondaggisti dovrebbero ribaltare l’ordine cronologico del voto: non devono mettere Lega al 30%, Pd al 24 e così via, e solo all’ultima riga dar conto degli astenuti e degli indecisi. Devono proprio partire da lì. In quell’ultima riga c’è il 40 per cento del paese che oggi non si sente rappresentato».


Questo sue affermazioni dovrebbero far riflettere in primo luogo Silvio Berlusconi che va, invece, a vele spiegate verso l’abbraccio coi sovranisti.


«Il monito che parte da Fiuggi è chiaro e netto: noi non abdicheremo e non attenderemo più nessuno. Quello spazio al centro c’è e ce lo riprendiamo. Se altri ritengono che non sia più attuale quel messaggio è un problema loro».


Insomma, mi corregga se sbaglio: siete anche pronti a chiudere l’esperienza di coalizione e a presentarvi da soli alle prossime sfide elettorali?


«Oggi, con questo sistema elettorale, la nostra battaglia la faremo nel centrodestra. Noi vogliamo imprimere una forte caratterizzazione moderata, inclusiva e dialettica all’interno del centrodestra. E se posso aggiungere una cosa: la nostra sarà una battaglia nel senso della concretezza. Concretezza che non si esprime con il numero dei tweet e dei followers, ma con le azioni di governo e le proposte credibili e attuabili. Questa è la nostra sfida. Se il centrodestra si tramuterà in destra-centro è evidente che avremo difficoltà a stare in una siffatta coalizione, ma sono fiducioso che Salvini abbia imparato la lezione, perché oggi in Europa è oggettivamente isolato».


«Oggi con questo sistema elettorale», dice lei. Ma domani, come è altamente probabile che sia, con un sistema elettorale proporzionale?


«Sono totalmente convinto che il sistema maggioritario puro non agevoli non solo la stabilità ma neanche la rappresentatività. E non apprezzo chi come la Lega e Fratelli d’Italia di fronte alle obiezioni di chi esprime una posizione diversa sul tema rispolveri gli anatemi e le trite e ritrite accuse di trasformismo e inciucismo. Non avere una cultura del confronto, dell’incontro, dell’inclusione rischia di determinare la sconfitta della destra italiana. E le faccio notare che ho detto destra, non centrodestra. Come democratici cristiani, noi siamo da sempre a favore del sistema proporzionale con preferenze. D’altronde dove vige il sistema proporzionale, come in Germania, esso ha garantito rappresentatività e stabilità. Il proporzionale con delle correzioni non porta alla palude ma può essere, al contrario, uno strumento di stabilità».


Il maggioritario non gioverebbe nemmeno a Forza Italia, eppure…


«Guardi le dico una cosa: gli automatismi tra sistemi elettorali e sistemi politici lasciano il tempo che trovano. Noi abbiamo avuto in questo paese una infinità di leggi elettorali. Col mattarellum abbiamo avuto tanti governi e non è che abbiano brillato per stabilità e compattezza. Anzi. L’unica volta che ha funzionato è stato dal 2008 al 2001 con il presidente Berlusconi. Cioè a dire, Berlusconi con Forza Italia, che era oltre il 25 per cento, e con le sue indubbie capacità ha saputo allora tenere collegato e inclusivo quel centrodestra. Oggi non vedo nel panorama politico italiano qualcuno capace di includere con quella modalità. Lo ripeto non è un problema di sistema elettorale, è un sistema di leadership».


Visto che parliamo di riorganizzazione dell’area del centro, le mosse di Renzi che vanno nella direzione della costruzione di un nuovo soggetto politico che si rivolga all’area moderata, come le considera? Una invasione di campo?


«Noi siamo stati all’opposizione del governo Renzi, siamo stati contrari al referendum costituzionale voluto e perso da Matteo Renzi e oggi siamo limpidamente all’opposizione di questo governo di cui Renzi è stato demiurgo, salvo impallinarlo quando e se lo riterrà opportuno. La modalità con cui Renzi annuncia adesso un riposizionamento tattico, la nascita di gruppi parlamentari che faranno capo al suo nuovo soggetto, francamente non ci interessa. Quello spazio però - va detto a chiare lettere agli amici del centrodestra che ancora si baloccano col sovranismo - quello spazio c’è ed è enorme».


Però?


Però se il centrodestra si chiude a riccio e comincia ad isolare coloro i quali vogliono un sistema proporzionale, coloro i quali ritengono che ci debba essere pari dignità nella coalizione, i moderati toglieranno il disturbo. Lo dico ad alta voce, l’Udc porta solo sangue al centrodestra. Il giorno prima delle elezioni siamo corteggiati, il giorno dopo nemmeno ci rispondono al telefono. Questa storia deve finire! Se la destra ritiene di essere autosufficiente, di poter fare a mani di noi, si accomodi pure, Ma stia attenta che potrebbe andare - tanto più alla luce delle possibili alleanze tra Pd e M5S anche a livello regionale – incontro ad una sconfitta certa. E allora ci vuole lungimiranza, occorre valorizzare le posizioni centriste invece di umiliarle».


Sento un orgoglio democristiano d’altri tempi.


«Assolutamente sì. Basta mortificare i moderati italiani! L’Udc non ci sta più. Abbiamo fatto vincere il centrodestra in parecchie regioni e lo abbiamo fatto con profondo convincimento. Oggi purtroppo notiamo però che si tende a non avere il minimo rispetto verso le nostre istanze».


Qual è il bilancio della Festa di Fiuggi?


«Positivo. Guardi, quella dell’Udc non è una ridotta nostalgica. Nel paese c’è voglia di buona politica. E l’ho toccato con mano vedendo l’interesse che il partito suscita in tanti giovani. Dal palco di Fiuggi abbiamo parlato delle grandi questioni che interessano gli italiani: abbiamo parlato di lavoro con ragazzi provenienti da diverse regioni d’Italia, del nord come del sud, e ognuno ci ha portato la sua esperienza, i suoi bisogni i suoi disagi, che spetta alla politica, se vuole essere degna, sapere leggere e interpretare. E poi abbiamo discusso di legalità, perché senza legalità non c’è democrazia e progresso civile e sociale. Chi le parla nel corso di un dibattito sulla giustizia ha voluto ricordare le bellissime parole di Peppino Impastato: “educare alla legalità significa educare alle bellezza”. Perché, vede, noi sappiamo guardare oltre gli steccati e le appartenenze. Ecco perché mi sento di dire che Impastato è un patrimonio dell’Italia migliore».

Giampiero Cazzato

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