Carcere di Prato, aggrediti quattro poliziotti da un detenuto: uno colpito alla gola

Anche se nelle carceri ci si aspetterebbe che i detenuti si trovino in condizione di non poter più nuocere ad altri individui, a volte le cose vanno diversamente. E questa volta le cose non sono finite in tragedia per un soffio. Nel carcere di Prato un detenuto sudamericano ha aggredito con violenza, a più riprese, ben quattro poliziotti penitenziari. Uno è stato colpito anche alla gola con colpi di lametta, ma non sembra essere in pericolo di vita, anche se è ricoverato all'ospedale di Prato. Lo comunica Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), che ha anche denunciato l'accaduto. Gli altri agenti, fortunatamente, hanno solo riportato contusioni.
Non si parla di un caso isolato. Beneduci riferisce infatti che il detenuto è già stato protagonista di «atti di violenza tanto da avere subito vari spostamenti in diversi istituti di pena», e il casus belli questa volta è l'aver negato al prigioniero l'accesso alla funzione religiosa per incompatibilità con altri reclusi. Da ciò la rabbia riversata verso i poliziotti. L'Osapp fa sapere però che già lo scorso sabato sera si sono verificati scontri tra compagni rivali all'interno del carcere di Dogaia. Afferma Beneduci: «Si tratta dell'ennesimo episodio in cui i poliziotti penitenziari devono affrontare del tutto a mani nude i soggetti più violenti». Il segretario fa sapere anche che i detenuti «hanno spesso a disposizione un vero e proprio arsenale» composto di spranghe, lamette, fornellini, coperchi di scatolette e carrelli, mentre appunto gli agenti si ritrovano disarmati. Per questo Leo Beneduci richiede che i poliziotti non vengano lasciati «inermi» mentre gli altri corpi «sperimentano del tutto legittimamente Taser elettrici e spray al peperoncino». La richiesta è rivolta al capo del Dap Francesco Basentini e al guardasigilli Alfonso Bonafede.
«Ogni giorno succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre delle carceri toscane». Così Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), riguardo ciò che è successo a Prato, ricordando anche le ultime violenze avvenute negli istituti di Pisa e Lucca nelle settimane scorse. Secondo Capece inoltre i poliziotti contusi, oltre a quello ferito in modo più serio alla gola, sono quattro e non tre. Il segretario Sappe prosegue con un'invettiva per la scarsa organizzazione: «Le carceri, specie in Toscana, sono un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto di allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria. Non ci si ostini a vedere le carceri con l'occhio deformato dalle preconcette impostazioni ideologiche, che vogliono rappresentare una situazione di normalità che non c'è affatto».
Esprimendo solidarietà agli agenti coinvolti e chiedendo un immediato intervento degli ispettori del ministero della Giustizia, Capece ha sottolineato come gli stessi agenti «devono andare al lavoro con la garanzia di non essere insultati, offesi o aggrediti da una parte di popolazione detenuta che non ha alcun ritegno ad alterare in ogni modo la sicurezza e l'ordine interno, come avviene sistematicamente proprio a Prato». E conclude: «È mai possibile che nessuno, al ministero della Giustizia e al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, abbia pensato di introdurre anche per la polizia penitenziaria e i suoi appartenenti, per fronteggiare ed impedire aggressioni fisiche e selvagge, strumenti come quelli in uso a polizia di Stato e carabinieri, ossia pistola "taser" e spray al peperoncino?».
di Alessio La Greca