Crollo ponte Morandi: focus su un carro ponte mentre Autostrade risponde al Mit

La Procura, ancora impegnata nell'indagine sul disastro avvenuto il 14 agosto, ha puntato il dito verso il carro ponte attaccato all'impalcatura di Ponte Morandi affermando che «ha certamente aumentato il peso e potrebbe aver contribuito al cedimento di parte del viadotto». Tra i reati ipotizzati finora, quali omicidio colposo plurimo aggravato, attentato alla sicurezza dei trasporti e disastro colposo, i pm stanno vagliando l'ipotesi di inserire, appena vi siano iscrizioni nel registro degli indagati, anche l'omicidio stradale colposo aggravato. Di questo discuteranno domani in un vertice.
Tuttavia, dopo tali dichiarazioni, è arrivata la risposta del direttore della Weico di Velturno, Hubert Weissteiner, che afferma che il carroponte non era ancora stato installato. Dice in merito alle accuse della Procura: «Stavamo lavorando all'installazione di binari sui quali avrebbe dovuto scorrere il carroponte che però non è mai entrato in funzione. Inoltre, il carroponte ha un peso di circa sette tonnellate, se si pensa che un tir in media pesa attorno alle quaranta tonnellate si tratta di un peso di quattro o cinque volte minore. Per predisporre i binari che avrebbero dovuto sostenere il carroponte lavoravamo di notte con un by-bridge, perché di giorno c'era troppo traffico. Una volta installato il carroponte, che avrebbe permesso agli operai di raggiungere le parti del ponte da ristrutturare, i lavori avrebbero potuto proseguire anche di giorno. Con i lavori eravamo ad un buon punto e avremmo finito fra uno o due mesi».
La Procura, non escludendo comunque alcuna ipotesi, è pronta, in caso di concreto pericolo, ad autorizzare l'abbattimento del moncone di ponte Morandi, sequestrato il 17 agosto dopo il crollo della campata, che si trova sopra gli edifici evacuati di via Porro. Ieri sera infatti sono stati segnalati scricchiolii che hanno portato i Vigili del fuoco alla sospensione del recupero beni di alcuni cittadini sfollati. Intanto la Guardia di finanza si trova negli uffici del provveditorato delle Opere pubbliche di Genova.
Ma nell'occhio del vertice delle polemiche si trova ancora Autostrade per l'Italia, che dichiara in una nota di aver «ricevuto in data odierna la lettera di contestazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, già anticipata dalla stampa nei giorni scorsi». Ma Autostrade ricorda che il Mit «ha assegnato alla società il termine di quindici giorni per fornire le relative controdeduzioni».
Cosa si deduce da tutto questo? Che molti sentono il bisogno disperato di deresponsabilizzarsi, di puntare il dito contro qualcuno che non siano loro, di trovare un capro espiatorio. Ma oltre a chiederci di chi è la colpa, forse dovremmo anche pensare a cosa fare nel momento in cui avremo trovato questo fantomatico "colpevole". E in fondo lo sappiamo tutti che non lo troveremo, perché il crollo del ponte non è attribuibile a un singolo individuo, a un unico intervento sbagliato, a un'interrogazione parlamentare non considerata. È un insieme di fattori che, tutti insieme, hanno portato a una catastrofe della quale tutti vogliono parlare ma di cui nessuno sa dire nulla. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena dell'Italia e dicesse: «Sono stato io a far crollare il ponte Morandi, io sono responsabile della morte di quelle persone!». Ahinoi, la vita non è così facile. Ma ognuno cerca e vuole disperatamente vederci un ministro, un architetto, un ingegnere o un governo in quell'entità "criminale", per poter mostrare a tutti quanto egli sia stato capace di smascherare il malfattore e agire per il meglio della comunità. Quando in realtà, per poter raggiungere seriamente tale scopo, dovrebbe agire nella pratica, dato che non lo sta facendo nemmeno nella teoria. Prima pensiamo a come riparare il danno, è la cosa più urgente. Di tempo per indagare ne abbiamo quanto ne vogliamo, e di persone che possono occuparsi di ciò ce ne sono eccome. Addirittura le due cose possono essere fatte insieme, sembra quasi incredibile. Ma se davvero noi non possiamo fare fisicamente nulla per poter migliorare la situazione, almeno cerchiamo di portare rispetto per chi ha perso la vita in questa terribile occasione e smetterla di sollevare polveroni inutili che non portano a niente. Quelle persone non ci sono più, e anche se ne siamo addolorati, dobbiamo trovare la forza di lavorare affinché episodi simili non si ripresentino. È la cosa più giusta da fare. Perdiamo solo tempo nel concentrare tutte le nostre attenzioni nella ricerca di un colpevole.
di Alessio La Greca