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Di Maio si fa l'amica al Mise, per la Montanino una poltrona da 70mila euro


Un giorno, chissà, ricorderemo con un sorriso quell'epoca in cui gli oscurantisti si mascheravano dietro i costumi degli onesti e degli intoccabili. Un giorno, forse, rideremo di tutto questo sfoggio di competenze e inattaccabilità prive di riscontro. Un giorno, magari, ma per ora c'è poco da ridere e molto su cui riflettere.


L'ondata di dilettantismo che ha invaso la scena politica italiana sta prendendo il sopravvento e creando mostri, figli del consenso popolare e del dissenso verso tutto ciò che è istituzionale e istituzionalizzato. Vada per la laurea che non c'è (o forse rimasta sull'isola assieme a Peter Pan) del ministro del Lavoro, vada il capo della comunicazione di Palazzo Chigi che può vantare nel curriculum la partecipazione al primo Grande Fratello italiano, passi pure la confusione tra congiuntivo e condizionale negli accorati appelli alla nazione, ma quando si arriva alla più becera e sdoganata delle prassi da palazzo, quella della raccomandazione ad amici e parenti, si supera una soglia che non solo non dovrebbe nemmeno essere avvicinata, ma che non può essere nemmeno in minima parte tollerata nei confronti di coloro che hanno fatto della trasparenza, della rottura con il sistema di privilegi della politica un cavallo di battaglia da sventolare ai quattro venti.


Non si sdegni allora il delfino di Beppe Grillo, il capo politico del Movimento più popolare in Italia, Luigi Di Maio, se a qualcuno sorge spontanea una domanda leggendo che una sua amica, o presunta tale, conterranea del ministro a Pomigliano, ha ottenuto, da completa estranea a posizioni, e di vertice e di impiegata, nella Pubblica Amministrazione, il ruolo di segretaria particolare del ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico. Un bell'affare per la ventiseienne Assia Montanino, sostenitrice di vecchia data del Movimento 5 Stelle e passata dal fallimento nella carriera politica a un ruolo di primissimo ordine nello schema ministeriale. Una laurea e un sogno in tasca, canterebbe qualcuno. Quella almeno c'è, in Economia, ma sul fatto che sia sufficiente per ricoprire un ruolo così delicato e di così alta responsabilità basta dare un'occhiata al precedente possessore di quella poltrona (dal valore di 70mila euro annui), David Maria Mariani, con un curriculum che svaria da incarichi a Poste Italiane fino a posizioni di vertice in multinazionali in Sud America. Insomma, un bel regalo di Di Maio alla sua conterranea, un'operazione impacchettata coi fiocchi che consente in un colpo solo al ministro di disfarsi di uno scomodo inquilino voluto dall'ex titolare del Mise Carlo Calenda e di piazzare nel ruolo di tuttofare e di ombra onnipresente un'amica, una figura che mai altrimenti sarebbe potuta finire così in alto e che gli dovrà quindi eterna gratitudine e obbedienza.


In pieno stile pentastellato, Di Maio ha provato a rimandare al mittente, Il Giornale, la vibrante accusa di favoritismo, bollando addirittura come «giornalismo spazzatura» l'inchiesta dell'organo di informazione che, se fosse sfuggito al ministro, molto impegnato tra decreti da far decollare, svolge il ruolo più delicato in un sistema democratico, quello di raccontare il potere e i potenti. E loro, benché si nascondano dietro una foglia, di Fico o chicchessia, potenti lo sono diventati davvero. E mentre latitano i tanto annunciati provvedimenti per la cittadinanza (reddito e flat tax in primis), quelli sì trasparenti, nel senso letterale del termine, perché invisibili, pullulano i favori a destra e a manca così come le dichiarazioni contro la stampa o le minacce ai dipendenti ministeriali che non la pensino come Grillo, con la percezione di assistere a una rottura con il passato, per tornare al trapassato, che si fa sempre più insistente.

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