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Dopo i tragici eventi di Milano e Torino, la criminologa: ci vorrebbe il ministero della felicità


“Ci vorrebbe il ministero della Felicità. L’insoddisfazione porta alla frustrazione e in alcuni casi alla violenza. Il tema va affrontato: servono prevenzione, formazione e informazione”.

Reduce da un convegno sul bullismo a scuola, la criminologa Antonella Cortese viene subito catapultata sui fatti di Torino e di Milano e lancia sua proposta: il ministero della Felicità. Nel primo episodio di sangue, il marocchino Said Machaouat, 27 anni, ha confessato di aver ucciso con una coltellata alla gola il ragazzo piemontese Stefano Leo, 33 anni, trovato cadavere il 23 febbraio scorso nel centro di Torino vicino ai Murazzi del Po. Nel secondo, a Milano, sabato sera nel gabbiotto dei rifiuti delle palazzine popolari di via Cascina dei Prati alcuni passanti hanno visto bruciare qualcosa: erano i resti di un uomo decapitato e fatto a pezzi. In queste ore sono stati arrestati due sospetti colombiani che stavano per partire per il Sudamerica.


criminologa Antonella Cortese

Dottoressa, l’infelicità può essere il movente di un omicidio?

“Sì, può essere un movente. Evidentemente, questo marocchino da barbone soffriva. Ha visto l’altro, la vittima, felice e per questo l’ha ucciso. E anche perché si può presumere che il reo confesso non sia mentalmente stabile. Sembrano i tratti di una psicosi endogena”.


Può aver simulato il movente?

“Ogni dichiarazione va valutata. Si può scegliere di confessare per godere dei riti speciali, per esempio dell’abbreviato, per avere la riduzione di un terzo della pena. Il problema è che in Italia la legge non è uguale per tutti. Si parla di recupero del colpevole ma non c’è certezza della pena. Dal punto di visto psicologico, per quello che si è saputo finora del caso, quella persona non è normale, assolutamente”.


Il fatto che abbia usato un coltello dipende da una questione economia, visto che l’arma bianca costa meno di una pistola. Oppure ha un significato?

“Ci sono coltelli che costano anche di più di una pistola. Ma in questo caso credo che non centri”.


Avrebbe potuto uccidere anche per altre cause?


“Sì, certo. Questi vagabondi vanno controllati. Non c’è sicurezza. Si parla tanto di immigrazione clandestina. Deve esserci maggiore controllo. Carabinieri e poliziotti di quartiere devono essere presenti notte e giorno. Si devono assumere più forze dell’ordine: il numero di chi va in pensione è superiore a quello dei neo assunti”.



A Milano un’altra persona è stata ammazzata ma in maniera meno rapida e soprattutto c’è stato vilipendio del corpo: decapitato, fatto a pezzi e poi bruciato. Una esecuzione del genere a che tipo di movente fa pensare?

“I moventi possono essere tanti. Queste sono forme di disagio mentale. Sono menti paralizzate. Oggi l’uomo è narciso. Basti pensare all’uso dei social network. I centri estetici sono più frequentati da maschi che da femmine. Oppure, al caso della donna che ha abusato del suo allievo”.


Una società del benessere può essere criminogena, portare le persone a essere insoddisfatte e quindi violente?

“Le persone vogliono sempre di più. Sono soddisfatte ma vogliono sempre di più”.


Da criminologa, istituirebbe il ministero della Felicità?

“Sì. Per esempio, in questi giorni si è parlato tanto di famiglia. La felicità è famiglia. Famiglia è un padre e una madre, ma anche due persone dello stesso sesso. La famiglia è amore. Una volta era la religione a veicolare valori universali come amore, condivisione, saper stare insieme, rispetto e perdono. Ora stiamo impazzendo”.


Dobbiamo preoccuparci?


“Sì, dobbiamo preoccuparci”.


di Fabio Di Chio

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