Il Belpase invaso da grano extraeuropeo: la denuncia di GranoSalus

La dieta sarà pure mediterranea, ma quanti di noi sanno che l’ingrediente principe del regime alimentare più famoso ed apprezzato al mondo, ovvero la pasta, di mediterraneo, spesso, ha ben poco? E già, perché il grano di cui si servono i produttori di spaghetti, maccheroni, pizzoccheri, fusilli e via discorrendo non sempre (o quasi mai) è originario del Belpaese, ma arriva dalla Russia, dagli Usa, dal Canada, dalla Turchia, quando va bene dalla Francia e dalla Spagna.
Una invasione in piena regole. Tanto più pericolosa in quanto avviene nel silenzio dei media e delle organizzazioni di categoria dell’agroalimentare. E intanto il 99 per cento della pasta è oggi prodotta utilizzando semola ottenuta mischiando il sano e buono grano italiano con quello d’importazione. Anche se sovente sulle confezioni di pasta fa bella mostra di sé il tricolore, a trarre in inganno i consumatori.
In prima fila nello smascherare il falso grano made in Italy è l’associazione GranoSalus – che riunisce diversi produttori di grano - che ha reso noto che sul porto di Bari stanno per essere scaricati proprio in questi giorni fa la bellezza di 600mila quintali di grano estero, proveniente dagli Usa e dalla Russia. Il tutto, sembrerebbe, senza che Coldiretti, di solito molto attenta a difendere l’italianità della filiera agroalimentare abbia mosso un dito. GranoSalus ha inoltrato un dossier circostanziato alla Commissione UE sulla mancata attuazione del governo italiano del principio di precauzione ed attende l'esito.
La denuncia dell’associazione di produttori rigorosamente italiano è documentatissima. Ha fornito pure i nomi delle navi. La prima è “S-Brand”, una Bulk Carrier battente bandiera liberiana e proveniente dagli Usa che arriverà a Bari il 1° marzo con un carico di circa 310 mila quintali di grano destinato alla società Casillo Commodities Italia Spa. La seconda nave merci si chiama “Vitosha”, batte bandiera di Malta e proviene dal porto di Corpus Christi, negli Stati Uniti, con un carico di oltre 260 mila quintali di grano duro destinato alla società Divella ed arriverà a Bari il 6 marzo. Terza nave, il cui arrivo è imminente, è la “Diamond”, una general carco battente bandiera Russa partita dal porto di Rostov con oltre 30 mila quintali di grano destinato alla società Casillo.
Ma questo è solo l’ultimo di una serie di arrivi nel porto pugliese. Nel solo mese di dicembre dello scorso anno nella città di San Nicola è stato scaricato grano canadese e turco per circa un milione di quintali. E Coldiretti? Anche in questo caso sembra che il più grande sindacato d’Italia abbia fatto suo il motto del conte zio dei Promessi Sposi: “sopire, troncare, padre molto reverendo padre: troncare, sopire”. «Coldiretti - attacca GranoSalus – ha smesso di svolgere l’attività di controllo nei porti pugliesi: Coldiretti dov'è?? Si preoccupa solo del grano duro Cappelli? O di togliere tesserati alle altre organizzazioni sindacali?»
Non è questione di bieco nazionalismo, è che il grano italiano è oggettivamente più buono. In Italia, con il suo clima, il grano matura in maniera naturale, senza l’aiuto della chimica. Il grano duro italiano viene mietuto asciutto, ha il giusto tasso di proteine (glutine), è di ottima qualità nutrizionale. Quello di importazione proviene per lo più da paesi con clima continentale dove il grano arriva al momento del raccolto ancora verde. Per permetterne la raccolta, viene disseccato artificialmente con il glisofato. Per dire in Canada, il nuovo granaio del mondo, si fa un uso massiccio di glifosato in pre-raccolta, possibilità che in Italia vietata per legge dal 2016, dopo che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (nel 2015) ha inserito il glifosato nell’elenco delle sostanze «probabilmente cancerogene». I tenori di Don, «le micotossine, del grano canadese di 3°categoria – fa sapere Granosalus - superano almeno 1000 ppb e vi sono residui di glifosate. Le categorie 1 e 2 costano di più, contengono sino a 500 ppb di Don, ma non vengono importate, se non in minima parte. Le categorie 4° e 5° presentano livelli di Don, micotossine, superiori a 4700 ppb. Non sono commestibili per uso umano, ma rappresentano la maggior parte della produzione canadese 2016!».
A tutelare i consumatori italiani ultimamente è sceso in campo pure l’Antititrust. A gennaio diverse etichette (Divella De Cecco, Cocco, Lidl e Auchan) sono finite nel mirino dell’Agcom e Lidl è stata addirittura sanzionata per le informazioni fuorvianti sull’origine del grano e perché non ha presentato impegni nel corso della procedura istruttoria. Per le altre quattro aziende Agcom ha preso atto degli impegni assunti, che consistono in modifiche delle etichette così da garantire al consumatore una informazione completa.
Il pastificio pugliese Divella, dal canto suo, si è difeso sostenendo che il 55-60 per cento del grano impiegato per fare la pasta proviene dalla Puglia e dalla Basilicata. Peccato che sulle confezioni un bel trullo faccia pensare che il prodotto sia italiano al cento per cento. Ci sono poi quelli che fanno un uso ingannevole del tricolore sulle. Ma anche in questo caso attenzione, perché, come dice il vecchio e sempre valido adagio, l’abito non fa il monaco.