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L'inferno dei dimenticati: per ogni migrante che si imbarca a decine muoiono in mano agli scafisti


Mentre dai salotti della sinistra ci si strappano i capelli (o i tupè) nel solito vecchio gioco della conta dei morti da attribuire al mefistofelico Matteo Salvini, a detta di qualcuno il diretto responsabile dei naufragi degli ultimi due mesi, nemmeno fosse in possesso del mitico tridente di Poseidone, passa inosservata ai più la notizia di quegli otto migranti morti, di cui sei bambini e una donna, soffocati dentro un tir, rinchiusi, assieme ad altri novantadue a cui è andata meglio, dentro a un vano frigo, circondati da taniche di benzina. Proprio le esalazioni del carburante unite alle tante ore di prigionia in quella gabbia di morte sono la causa del decesso delle otto vittime dimenticate, evidentemente non meritevoli dei titoli delle prime pagine soltanto perché non riuscite nemmeno a imbarcarsi verso l'Italia. Si delinea quindi la più triste delle prospettive, quella che classifica come di "serie a" alcuni decessi, relegando gli altri in terra africana a incidenti di percorso.


Prende allora ancora più forza e legittimazione dagli eventi il discorso faticosamente portato avanti dal leader leghista quando a piena voce ribadisce la necessità di fortificare il rapporto tra l'Europa e il bacino del Nord Africa, nell'ovvia ottica di ristabilire la legalità in quei paesi e scongiurare il mercato degli esseri umani perpetuato dagli scafisti. Un obiettivo che mira al buon senso ma che evidentemente non viene recepito dall'Ue che insiste nelle sue politiche tampone continuando a far finta che quello dei flussi migratori sia soltanto un fenomeno temporaneo e tutto sommato gestibile.


Ma i morti non solo non cessano, continuano ad aumentare. E per ogni salvataggio in mare accompagnato dall'esultanza dei Saviano e degli altri fan delle ong, altre centinaia di persone muoiono ancor prima di aver raggiunto un precario barcone in cui sfidare la morte: un itinerario del terrore che giornalmente produce le sue vittime nel disinteresse di quelle associazioni a tutela dei diritti umani che non ne vogliono sapere di spostare il loro raggio di interesse oltre le coste del Mediterraneo, un tour dell'orrore che mette a nudo l'ipocrisia dei benpensanti, per i quali i morti sembrano avere un valore soltanto se sporcano le loro coscienze, rosse come le magliette dei bambini affogati nel Mediterraneo.

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