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La cenite, la nuova sindrome della politica virtuale che fa rimpiangere la crostata di Letta



Così però davvero non vale...Il metti una sera a cena del Pd, che ha fatto cortocircuito tra quella, tendenza vertice renziano, di Carlo Calenda, e quella, tendenza figurine Panini di operaio e imprenditore, di Nicola Zingaretti, con il risultato che la seconda ha fatto sconvocare la prima, ci ha tolto anche l'ultimo brivido caldo della politica a tavola. La  "cenite", ultimo "virus" che ha colpito il Pd, ora è stra-annunciata con giorni e giorni di anticipo e con tutti i dettagli. Tra un po' ci arriverà anche il menu. Consumato o meno. E il preannuncio ora è in voga anche nel centrodestra dove comunque alla fine si vedono e almeno l'accordo per sedersi a tavola Silvio Berlusconi e Matteo Salvini lo hanno raggiunto. E però al cronista da marciapiede, cresciuto all'inseguimento, spesso quasi a digiuno perché se cenavano gli altri non poteva ovviamente cenare o pranzare lui, a piedi, in auto, moto se non auto-stop, di quei "sacri" e spesso decisivi "vertici" culinari, non possono che cadere un po' le braccia, o meglio non può che cadere la penna. Aiuto, qui siamo alla cena virtuale, strombazzata e sconvocata nello spazio di poche ore. Che ora la "cenite" serva solo per dare un messaggio, sia che si mangi davvero sia che i presunti commensali restino a bocca asciutta?

Certamente un oceano ormai divide tutto ciò da quella che fu la "signora" cena, la madre di tutte le cene della politica italiana: quella del cosiddetto patto della crostata alla Camilluccia, a casa Letta. Fa niente che poi alla fine la Bicamerale di Massimo D'Alema naufrago`perché Silvio Berlusconi rovescio`il tavolo. E fa niente se pare che in verità la crostata vera e propria Max, il Cav, Giafranco Fini, Pier Ferdinando Casini sembra che non la mangiassero proprio. Perché pare che fosse un altro il dolce che la signora Maddalena, moglie di Gianni Letta, aveva preparato. Ma l'evento ci fu, eccome. Sta negli annali della politica. E fu tenuto segretissimo fino all'ultimo. Roba da scapicollarsi per Roma, arrampicandosi con mezzi di fortuna fino alla Camilluccia. Anche perché era davvero tardi quando inizio`a trapelare qualcosa. Seppur fino all'ultimo non si capiva dove, il quando e perché erano un po' più chiari. La leggenda dice che il primo a mettersi come un mastino all'inseguimento della macchina di D'Alema accompagnato da Cesare Salvi fu Augusto Minzolini. Che a un certo punto viaggio`con il motorino a fari spenti nella notte per non essere avvistato da Max e incorrere ovviamente nelle sue ire. C'è poi chi se la cavicchiò, come chi scrive, solo perché non dette retta, anzi fece l'esatto contrario, a una troppo solerte fonte che le diceva insistentemente: vai a casa che tanto qui stasera non c'è proprio niente da scrivere. Qualche malcapitato ci cascò`e prese un buco grande come una casa. E che cene e che palpitazioni fino alla fine. Ma anche che pranzi. Inseguire, tra S. Margherita Ligure e Portofino, le macchine di Berlusconi e Fini, che da qualche parte noi cronisti avevamo sgamato andassero a pranzare insieme, in uno dei momenti di crisi del centrodestra di una volta, fu un po' come trovarsi sul set del film "Caccia al ladro". Quei tornanti della riviera ligure a quella velocità a tutta birra sembravano sempre più pericolosamente quelli della costa azzurra di Cary Grant e Grace Kelly. Ora, invece la "cenite" te la sbattono sui social. Con la largo anticipo. E la cena poi manco la fanno. È tutto virtuale. E dire che si faceva giornalismo investigativo persino sui menu. Berlusconi e Fini quel giorno ufficialmente mangiarono branzino a Portofino. Ma chissà se lo fosse davvero come la crostata. Noi sapevamo solo cosa mangiarono per primo, poi con il collega Nino Bertoloni Meli del Messaggero, messi alle strette dalle chiusure, decidemmo d'imperio che il secondo fosse branzino. Ci fu un passa parola: branzino, branzino...E quello fu. Come la celebre crostata. Paola Sacchi

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