La partita di Cottarelli che spera di essere il Monti 2

Quando una partita si fa difficile c’è sempre chi si scalda a bordo campo. Sono le cosiddette riserve, o risorse, per usare un linguaggio più nobile. E’ il caso di Carlo Cottarelli, il signor “mani di forbici”, il tecnico della spending review prestato dal Fondo monetario ai governi di Letta e Renzi, quando era partita la grancassa di tagliare gli sprechi a cominciare dall’abolizione degli enti inutili. Tanto fumo, tanta propaganda ma risultati zero. L’elenco degli enti inutili, idrovore del denaro pubblico, è rimasto segreto e il Cnel, grazie al referendum, è ancora vivo e vegeto. Ebbene Cottarelli, sta pensando di capitalizzare quell’esperienza rilanciandosi nella mischia. In fondo la storia italiana insegna che quando nei governi c’è maretta e il Paese rischia di schiantarsi, spuntano dal cilindro, come angeli salvatori, i tecnici. E’ stato nel ’93 con Carlo Azeglio Ciampi, Governatore di Bankitalia, chiamato dall’allora presidente Scalfaro, a Palazzo Chigi per formare un governo tecnico in uno dei momenti più difficili per l’Italia, tra inchieste giudiziarie, delegittimazione della dirigenza politica, rischi di destabilizzazione della lira. Ed è stato così pure con la staffetta tra Berlusconi e Monti quando il Paese era sotto scacco con lo spread alle stelle e il pericolo, ci dissero, della bancarotta.
Cottarelli ha fiutato l’aria. Guarda lo spread salire e spera. Chissà che ora non tocchi a lui vestire i panni di salvatore della patria. Nel frattempo si riscalda a bordo campo. Qualche guru della comunicazione deve avergli detto che prima di tutto doveva togliersi di dosso quell’aria polverosa da alto tecnoburocrate e occupare la scena dei media. Eccolo quindi saltare da un talk show all’altro, ospite fisso di “Che tempo che fa”, dispensare ricette anti crisi con l’aria rassicurante del buon padre di famiglia ma anche il brio pop di chi, zainetto sulle spalle, può essere figo come Di Maio. Dalla sua ha la vicinanza con la sinistra, con quel Pd che soffre il Renzicentrismo e non crede nell’alternativa Martina. Il ruolo da direttore esecutivo del Fondo Monetario internazionale, inoltre, gli attribuisce quella rete di relazioni oltre frontiera che potrebbe tornare utile qualora gli italiani cominciassero a temere la guerra contro tutti del duo Salvini-Di Maio.
Sempre in chiave di acchiappare più “like” possibili, Cottarelli imperversa sui social. Predilige Twitter dove sceglie un linguaggio da “caffè al bar”: «Stasera vado a #chetempochefa. Mi perdo pure InterMilan. E poi che canto? C’è solo il surplus? Amalo pazzo surplus, amalo? Chi non salta scialacquone è, è?». Il forzista Guido Crosetto ha chiosato: “Notate la differenza tra i tweet di Cottarelli di qualche mese fa e questi. Fa parte di una strategia di comunicazione, come le comparsate da Fazio, per creare un’immagine più popolare e meno tecnica. Si sta costruendo a tavolino il futuro Monti”. Dulcis in fundo, non poteva mancare, la presenza in libreria. Prima dell’estate ha sfornato un libro, “I sette peccati capitali dell’economia italiana”, che è quasi un programma di governo. Nel testo mentre parla di congelare la spesa e arrivare al pareggio di bilancio prima che la Bce smetta di comprare i titoli di Stato, mescola Gobetti con Jovanotti, cita Totò e Aldo Fabrizi da “I tartassati”. E rivela di essere anche ironico: “Di solito le persone sono preoccupate che i partiti non mantengano le promesse elettorali. Io al contrario temo che siano mantenute”. Insomma per Cottarelli la partita è appena iniziata. Si scalda a bordo campo e chissà che non speri che il gioco si faccia duro per avere la sua occasione.