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Italiani scavalcati e insultati, il Presidente si fa il suo governo


Chi ha perso ancora una volta sono gli italiani. È dal 2012 che nel nostro Paese la democrazia è una parola sulla bocca di tutti, una di quelle usate continuamente per riempire i talk show. Null’altro. La democrazia è quanto di più lontano ci sia da tre governi tecnici non votati da nessuno, ma imposti da Re Giorgio. Tre colpi di Stato, così li definiscono i “malpensanti”. E oggi che c’era uno spiraglio per riprendere la sovranità popolare, esercitata alle urne lo scorso 4 marzo, il successore di Napolitano si è trincerato dietro le prerogative del Presidente della Repubblica per bocciare la nascita di un governo osteggiato fin da subito.


Lega e Movimento 5 Stelle, insieme, avevano sfiorato il 50 per cento delle preferenze e, nonostante il trappolone del Rosatellum, sarebbe spettato a loro governare. Perché Matteo Salvini e Luigi Di Maio avevano lavorato per mesi e trovato un accordo sul programma di governo e sui nomi della squadra. In pochi ci avrebbero scommesso sull’intesa tra i due partiti e forse su questo puntava il Colle. Invece la patata bollente è finita dritta dritta nelle mani di Sergio Mattarella.


Nel silenzio delle consultazioni il Quirinale ha bocciato tre nomi prima che, dopo due mesi e mezzo dal voto, storcendo il naso conferisse l’incarico a Giuseppe Conte. L’aspirante premier ha ascoltato i partiti, aveva i ministri e la maggioranza per governare. Una squadra che sicuramente avrebbe potuto lavorare e dimostrare se le promesse elettorali fossero solo demagogia o impegno reale per portare il paese fuori dalla crisi costituzionale, istituzionale, economica e sociale. Con Conte alla Presidenza del Consiglio, Di Maio e Salvini avrebbero avuto il ruolo di vicepresidenti e rispettivamente l'incarico allo Sviluppo economico e agli Interni. Paolo Savona sarebbe andato all'Economia. Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sarebbe stato Giancarlo Giorgetti. Per Di Maio poi era previsto anche l'incarico al Ministero del Lavoro e Affari sociali. Quanto ai ministeri: ai Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, alla Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno, agli Affari regionali ed autonomie Enrica Stefani, al Sud Barbara Lezzi, al Ministero per la Disabilità Lorenzo Fontana, agli Esteri Luca Giansanti, alla Giustizia Alfonso Bonafede, alla Difesa: Elisabetta Trenta, alle Politiche agricole Gianmarco Centinaio, alle Infrastrutture Mauro Coltorti, all'Istruzione Marco Bussetti, ai Beni culturali e turismo Alberto Bonisoli e alla Salute Giulia Grillo. Insomma i nomi erano di spicco, persone oneste e con tutti i propositi per un cambiamento. Ma a Mattarella non piaceva Savona, reputato poco europeista. Non piaceva a tedeschi e francesi. E lo spauracchio dello spread scoppia sempre ad orologeria. Così la tensione tra Colle, Lega e M5s ha raggiunto livelli pesanti di scontro istituzionale, con il veto, anzi come l’ha definito il Quirinale la prerogativa, su Savona. Salvini e Di Maio, però, hanno tenuto duro, stanchi di essere sotto ricatto dei poteri forti. E alla fine è saltato tutto. Gli italiani sono stati scavalcati e insultati. Ora Mattarella potrà farsi il suo governo del Presidente.

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