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Un arresto e due indagati nel caso Scieri: non fu suicidio, ma omicidio



I parenti hanno sempre rifiutato l'idea di un suicidio o di un semplice incidente, e le ultime indagini sembrano confermare tali supposizioni. Un arresto e due indagati nella lunga inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri, il parà siracusano di 26 anni il cui corpo, irriconoscibile, fu trovato il 16 agosto del 1999 ai piedi di una torre dismessa per il prosciugamento dei paracadute, della caserma Gamerra della Folgore, a Pisa. La commissione parlamentare d’inchiesta ha infatti recentemente ribaltano completamente anni e anni di indagini contraddistinte da omertà e probabili depistaggi.

Sarebbe Alessandro Panella il colpevole dell'episodio di nonnismo, che non stupisce poi più di tanto, dato che alla Gamerra c'era un'enorme tolleranza verso atteggiamenti di tirannia da parte dei più anziani. Inoltre, già un anno prima, nel 1998, un alto ufficiale, già comandante del nono battaglione incursori del Col Moschin, era stato rimosso dall’incarico perché sospettato di atteggiamenti vessatori. È quindi questa una vera e propria svolta nelle indagini, coerente con la consulenza cinematica dei tecnici specializzati, che aveva accertato la presenza di una delle scarpe di Scieri fin troppo distante dal cadavere, una ferita sul dorso del piede sinistro e una sul polpaccio sinistro, del tutto incompatibili con una caduta dalle scale e prove dell'aggressione. Anche le indagini della procura di Pisa, con a capo Alessando Crini, hanno individuato falle e distorsioni nel sistema disciplinare di quegli anni, rintracciando elementi di responsabilità depositati presso la Procura della Repubblica di Pisa. «Sul caso Emanuele Scieri bisogna arrivare alla verità» ha affermato il ministro della Difesa Elisabetta Trenta. E finalmente i pezzi stanno cominciando a combaciare.


Secondo la deputata Stefania Prestigiacomo, vice presidente della commissione d'inchiesta, qualcosa sarebbe accaduto mentre Scieri veniva trasferito sul pullman alla caserma pisana il 13 agosto insieme ad altre reclute. Essi infatti viaggiavano con i finestrini chiusi e il riscaldamento al massimo nella posizione della sfinge, in pieno agosto. Emanuele non era stato accettato dagli altri perché più grande, laureato, e già avvocato. Probabilmente non accettava questi atti di sopruso, e per questo potrebbe esser stato punito.


I familiari del giovane hanno sempre puntato il dito contro il muro di omertà dentro la "Gamerra". Corrado Scieri, padre di Emanuele e funzionario della Dogana morto nel 2011 e la madre Isabella Guarino, insegnante, hanno infatti pubblicato un libro sulla vicenda nel 2007, "Folgore di morte e di omertà", accusando la caserma pisana di essere stata prima "un mattatoio" e poi "una centrale di omertà da fare impallidire Cosa nostra". Tra le loro parole: «Ancora una volta la giustizia italiana ha dimostrato di essere una pseudo-giustizia all’italiana: delitti senza colpevoli, casi irrisolti, archiviazioni invece di verità, fantasmi al posto di imputati, generiche ipotesi invece di accertamenti». Oggi, dopo diciannove anni, un passo decisivo sembra essere stato fatto verso la verità. Necessario e importante, ma giunto fin troppo tardi. «Sono incredulo, è stata un'emozione fortissima», ha esclamato Francesco Scieri.


di Alessio La Greca

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