Sgarbi chiede lo scioglimento del Comune di Sutri ma assicura: «Non me ne andrò»

Altro che Attila: dove passa Vittorio Sgarbi non cresce più l’erba. Sicuramente quella cattiva, perché il critico d’arte è così tanto legato al patrimonio culturale dei posti che tocca mandare all’aria tutto quando gli interessi privati si sovrappongono al bene comune.
Sutri, ridente cittadina del Viterbese ma chiaramente ancora priva di qualsiasi tipo di visibilità popolare, nazionale e internazionale, era stata per lui una sfida. A chi verrebbe in mente, con una poltrona già occupata in Parlamento, di candidarsi a sindaco di un paesino che, prima di Sgarbi, potevano conoscere i romani in gita fuori porta la domenica o qualche amante dei borghi antichi? L’idea geniale era venuta proprio a Sgarbi, il personaggio nazionalpopolare amato e odiato allo stesso tempo dagli italiani, ma certamente unico nel suo genere quando c’è da far parlare di sé. Sutri avrà sicuramente più anni del parlamentare di Forza Italia, ma c’è voluto il suo nome per dare lustro, in soli due mesi all’insediamento della Tuscia. La cosa più incredibile è che, vuoi per invidia o per comodo, alcuni degli amministratori locali che dovevano essere coerenti col programma sottoscritto in campagna elettorale, non hanno visto in Sgarbi una risorsa, ma si sono coalizzati per contrastare, tra sotterfugi e spallate, il sindaco voluto dal 70% dei sutrini. Il mandante di questo clima da Idi di marzo è proprio il numero due della giunta comunale, il vicesindaco Felice Casini nominato da Sgarbi e non eletto dai sutrini perché non in lista, che probabilmente vuole essere nei fatti il numero uno. E allora succede che addirittura il cognato di Casini, il consigliere Matteo Amori, presentandosi in ritardo di due ore, alle 19 passate, insieme al vicesindaco, manda all’aria una riunione convocata per le ore 17 di ieri dal sindaco con un’aggressione verbale violentissima contro Sgarbi, "lo stronzo" , "l’ultimo dei coglioni" venuto da fuori a rompere le uova nel paniere, l’uomo che si ostina a non dare alcune deleghe, come quella del parco ad esempio, a cui ambiscono in maniera ossessiva alcuni cognomi noti in città e colpevole di aver convocato la riunione a Villa Savorelli, sede dell’ufficio del sindaco e neo sede dei consigli comunali, e non nella vecchia sede del Comune in piazza dove sono gli uffici dei tecnici. E reo inoltre, una volta, di aver ritardato il consiglio comunale di una ora perché impegnato alla Camera a votare il Decreto Dignità. Insomma, mentre Sgarbi sostenuto da molti consiglieri comunali e da parecchi votanti lancia iniziative culturali nazionali e internazionali che hanno fatto finire Sutri sui giornali e sulle tv , un gruppetto di politici sutrini si prende una visibilità poco nobile, chiedendo e minacciando fra le urla, riunioni a porte chiuse quando da sempre l’impostazione di Vittorio Sgarbi è quella della partecipazione aperta alla politica, quella di avere un palazzo comunale trasparente senza vetri opachi e senza segreti di Stato o meglio di piccoli e biechi interessi di bottega locale. Di fronte a ingerenze così forti, a un uomo teso totalmente all’arte e alla valorizzazione della cultura, del bello e della partecipazione popolare alla politica, il sindaco ha presentato un esposto ai carabinieri denunciando l’aggressione di ieri. Il critico d’arte rincara oggi la dose ed è pronto a chiedere lo scioglimento del Comune, paragonando in peggio questa esperienza di Sutri con quella di alcune famiglie a Salemi. Una cosa è certa: Sgarbi non è ostaggio di nessuno, ama la Sutri dell’arte del mitreo, dei monumenti e ama i sutrini attaccati alle proprie origini e alla propria terra. Non basteranno quattro famiglie locali a cacciarlo: Sgarbi non se ne andrà.