Viganò accusa Papa Francesco di aver coperto abusi su minori: «Una vergogna, si dimetta»

Accusare il Papa di aver coperto casi di pedofilia? Apparentemente una provocazione, soprattutto in un periodo difficile come questo all’interno della Chiesa cattolica. Ma forse non è tutto fumo. Un rapporto dell’ex nunzio apostolico a Washington, Carlo Maria Viganò, sostiene che Jorge Mario Bergoglio avrebbe ignorato gli abusi sessuali del cardinale Usa, Theodore McCarrick, almeno dal giugno del 2013. In quell’occasione, sarebbe stato Viganò a informarlo che l’ex arcivescovo di Washington aveva commesso questi crimini per decenni. Secondo il nunzio, Francesco non avrebbe ascoltato le denunce perché McCarrick aveva favorito, dall’esterno, la sua elezione al Conclave. A luglio, però, ha tolto il cardinalato a Theodore, una scelta senza precedenti.
«In questo momento estremamente drammatico per la Chiesa universale, riconosca i suoi errori e in coerenza con il conclamato principio di tolleranza zero, Papa Francesco sia il primo a dare il buon esempio a cardinali e vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro». Questo l’appello choc rivolto al Pontefice da Viganò. L’attacco è stato pubblicato dal quotidiano La Verità, e sebbene sia vero che Viganò è ritenuto uno dei portavoce del fronte conservatore, ostile a Francesco, è altrettanto vero che il quadro, se confermato, sarebbe alquanto preoccupante. Il pontefice argentino ha cercato di arginare, in Irlanda, la rabbia contro la Chiesa per i casi di pedofilia, e il “rapporto Viganò” mira a togliergli credibilità.
Vi è un intero dossier sul caso dell’ex arcivescovo di Washington Theodore EdgarMcCarrick, colpevole riconosciuto di abusi su seminaristi. Nel poderoso memoriale, Viganò scrive di aver parlato con Bergoglio il 23 giugno 2013, dicendogli: «Santo Padre, non so se lei conosce il cardinal McCarrick, ma se chiede alla Congregazione per i Vescovi c’è un dossier grande così su di lui. Ha corrotto generazioni di seminaristi e di sacerdoti e papa Benedetto gli ha imposto di ritirarsi a una vita di preghiera e di penitenza». E oggi racconta Viganò, gettando ancora più ombre sulla figura del Pontefice: «Il Papa non fece il minimo commento a quelle mie parole tanto gravi e non mostrò sul suo volto alcuna espressione di sorpresa, come se la cosa gli fosse già nota da tempo, e cambiò subito di argomento». Da questa assenza di reazioni l’ex nunzio ha dedotto una volontà di Bergoglio di coprire il cardinale, che però è stato poi scardinalato.
Il Papa, nella conferenza stampa in aereo di ritorno da Dublino, ha risposto alle accuse invitando i giornalisti a leggere il documento dell’ex nunzio: «Se lo farete vi farà bene». Bergoglio stava chiaramente sostenendo che la teoria di Viganò si squalifica da sola. «Leggete voi attentamente quel comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo: credo che il comunicato parli da sé e voi avete la capacita giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni». È vero, l’autore stesso è un personaggio controverso, come lo sono anche i suoi rapporti col Pontefice (È noto in Vaticano che monsignor Viganò si aspettava un prestigioso incarico in Curia ed è invece finito in pensione anticipata al termine del suo quinquennio come nunzio apostolico a Washington). Ma ciò nonostante non si può negare che egli sia un profondo conoscitore della Santa Sede. E l’insinuazione dell’idea di un Papa al corrente degli abusi rischia di mettere in crisi una Chiesa cattolica già in enorme difficoltà. A mettere il coltello nella piaga è anche quanto avvenuto negli ultimi mesi in Cile. Bergoglio ha difeso vescovi colpevoli di abusi sessuali, liquidando come “calunnie” le accuse. Poi, di fronte alla reazione dell’arcivescovo di Boston, Patrick O’Malley, ha ammesso di essere stato informato male, e aperto un’inchiesta. E l’episcopato cileno si è dimesso in massa.
Si è scoperto però che per tre anni la Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata fino al 2017 dal cardinale Gerhard Muller, aveva segnalato in alcuni rapporti scritti la situazione in Cile. Rapporti sottovalutati da Bergoglio, che si è fidato delle rassicurazioni di alcuni cardinali cileni. Ma dal rapporto di Viganò sono in molti ad uscirne delegittimati. Angelo Sodano e Tarcisio Bertone, segretari di Stato con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI, sono additati per primi. A cascata compaiono decine di alti prelati, peggiorando ancora di più la situazione per il Papa. Si ripresenta infatti il problema della selezione degli ecclesiastici, dato che si tratta di accusati o accusatori. Dal rapporto emerge anche il Papa emerito Benedetto XVI, che cercò di isolare McCarrick, ma senza riuscire a imporre la sua volontà al Vaticano e ai vescovi Usa. Questo potrebbe essere un altro motivo che ci dovrebbe spingere a chiedere perché Joseph Ratzinger rinunciò nel 2013.
Chi è Carlo Maria Viganò
Carlo Maria Viganò, soprannominato “lo sterminatore di Papi”, nasce il 16 gennaio 1941. Diventa sacerdote nel 1968 e nel 1992 è nominato nunzio apostolico in Nigeria e arcivescovo di Ulpiana, Kosovo. Nel 1998 entra in Segreteria di Stato come delegato per le rappresentanze pontificie. A Roma si fa presto dei nemici, nonostante la sua gestione avesse fatto registrare successi importanti nell’ambito del bilancio del Governatorato. Sta di fatto che, per attriti con elementi di spicco del Vaticano, Viganò viene allontanato con una “promozione”, la nomina a nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America. Ma Viganò non vuole andare in America. È opinione diffusa che il suo reale desiderio fosse quello di salire le alte cariche della gerarchia vaticana romana. Invece, undici anni dopo la sua esperienza in Vaticano si trasferisce negli Usa ma non tace sulle “manovre” che lo avrebbero spinto fin lì. In una lettera al cardinale segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone accusa diverse personalità operanti nella Santa Sede di averlo messo in cattiva luce per allontanarlo. Pur in un quadro di risultati amministrativi definiti “positivi” e “chiari” da padre Federico Lombardi, avviene dunque la rottura con il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, che fino ad allora lo aveva protetto. La lettera viene resa pubblica nel 2012. Dopo quella lettera, con Viganò già in America, furono poi diffuse altre lettere del monsignore inviate anche a Benedetto XVI. Rivolgendosi a Ratzinger Viganò scriveva, riguardo alla sua nomina a nunzio a Washington: «In altre circostanze tale nomina sarebbe stata motivo di gioia e segno di grande stima e fiducia nei miei confronti ma, nel presente contesto, sarà percepita da tutti come un verdetto di condanna del mio operato». In America Viganò non si ferma. E denuncia, con altre lettere, il malcostume diffuso nella Curia Romana e in particolare nel Governatorato, nonché il silenzio del Vaticano riguardo allo scandalo pedofilia che ha poi finito per travolgere la Chiesa cattolica negli Usa. Scoppia lo scandalo “Vatileaks”. Ma è proprio Francesco ad aprire una nuova era nella storia della Chiesa, chiedendo perdono, come ha fatto poi ancora ieri in Irlanda, e togliendo il cardinalato a McCarrick. Eppure i rapporti tra Viganò e Bergoglio non sono buoni. Non lo sono mai stati. Nel 2016, il Papa lo sostituisce nell’incarico americano e gli fa intendere che preferisce un suo ritiro a Varese e non a Roma. Viganò cerca di resistere, non vuole lasciare il Vaticano. In poche parole, c’è ostilità fortissima tra Viganò e Bergoglio come c’era tra Viganò e Ratzinger. Viganò rappresenta l’ala più conservatrice della Chiesa cattolica che, si dice, sta preparando il dopo Francesco, il terreno adatto a favorire la nomina di un Papa molto più tradizionalista. Viganò ha sempre avuto modalità di denuncia e di “politica” vaticana tutt’altro che “tradizionaliste”. Non ci sono colpi segreti, mani che agiscono nell’ombra. Ma ci sono, e ci sono stati anche durante gli anni americani, i “tempi giusti” per la diffusione pubblica. Insomma, Viganò non è uno da incontri riservati e lettere che restano nelle segreterie, è uno che accusa pubblicamente ma non sempre lo fa subito, attende il “momento opportuno”. Questo è almeno il pensiero di molti esperti vaticanisti. Lo fa apertamente, in nome di una purificazione della Chiesa, ma sembrerebbe farlo quando gli torna più utile. Pare insomma che la vera partita in gioco sia ancora quella di una sua posizione di potere all’interno delle gerarchie ecclesiastiche romane. O di una “vendetta”.
di Alessio La Greca