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Un italiano su quattro è celiaco ma non lo sa


Gluten free, moda o necessità? Di certo il fenomeno è in crescita. Negli ultimi anni il “senza glutine” è stato protagonista del mercato, complice l’aumento delle diagnosi di celiachia (un tempo sommerse) che sono passate da 60.000 nel 2007 a 180.000 oggi e che ha portato questa patologia ad essere considerata non più malattia rara, ma cronica.


La relazione annuale del Ministero della Salute al Parlamento, pubblicata di recente, ha reso noto come questi numeri siano destinati solo a crescere. Da considerare che le diagnosi non solo arrivano nella maggior parte dei casi tardive, ma spesso sono superficiali, per cui si stima che un celiaco su quattro non sappia di esserlo. A causa della vastità e della complessità dei sintomi che contraddistinguono questa patologia (da non confondere con la mera intolleranza alimentare) vera e propria malattia del sistema immunitario innescata dal glutine, oggi l’unica cura riconosciuta è la dieta aglutinata.


Molte delle patologie intestinali nate negli ultimi anni, come la “Gluten Sensitivity”, sono infatti collegate proprio ad un eccessivo consumo di glutine. I cereali raffinati (specie orzo e grano), molto spesso provenienti da Canada e Stati Uniti, contengono infatti un tasso di glutine di gran lunga più alto rispetto alla quantità media che il corpo umano è in grado di tollerare, trattandosi di una proteina relativamente “nuova” per l’organismo. Persino l’avena, un cereale naturalmente privo di glutine, nelle ricerche svolte in questi due continenti presenta un altissimo tasso di contaminazione da glutine, in particolar modo negli USA.


Ecco perché sono sempre di più le persone che ogni giorno scelgono di seguire una dieta gluten free, avendo fatto di questo un vero e proprio stile alimentare. Una scelta che, però, non sempre si rivela semplice. Nonostante l’aumento esponenziale della domanda, infatti, sul mercato i prodotti “gluten free” facilmente reperibili sono quelli confezionati. È piuttosto raro trovare prodotti freschi artigianali che non presentino una considerevole quantità di conservanti e addensanti chimici. Il glutine, infatti, è una proteina che funge da collante negli alimenti e, per riprodurre lo stesso effetto nei cosiddetti cibi “gluten free”, è necessario aggiungere numerosi additivi o sostanze ad altissimo contenuto calorico.

Se da una parte, quindi, si riesce ad avvertire un benessere immediato eliminando il glutine dalla propria alimentazione, dall’altra si rischia di consumare cibi che, oltre a risentire del gusto in molti casi, possono creare danni e problemi di altra natura. Non è un caso che molti celiaci, dopo circa un anno di dieta aglutinata, si ritrovino a far fronte a problemi di obesità o sovrappeso.


Finalmente, però, grazie ai numerosi moniti lanciati, soprattutto dall’estero dove nella maggior parte dei casi la vita di un celiaco è assai più semplice, qualcosa ha iniziato a muoversi anche in Italia che, grazie alla propria capillare della ristorazione e al livello di eccellenza della propria industria alimentare, può recuperare e assumere un ruolo guida sul mercato europeo. Intanto piccoli operatori locali di nicchia “a km zero” e chef attenti stanno intercettando quote sempre più significative di persone attenti al benessere nel tempo della persona.




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