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Attualità

Non mangiate questo pesce: il dramma di un uomo, 35 giorni di agonia e una morte tremenda

Un uomo è morto dopo 35 giorni di agonia: aveva mangiato un pesce che però contiene una neurotossina rivelatasi letale.

Una persona di 46 anni è morta per sospetto avvelenamento dopo aver mangiato il fegato di un pesce: si tratta di un caso senza dubbio raro, ma che comunque pone l’accento su una questione, che è quella delle specie aliene che minacciano i mari e che spesso sottovalutiamo. Bisogna infatti essere in grado di comprendere che non tutto ciò che peschiamo andrebbe consumato, soprattutto se non se ne conoscono le caratteristiche.

L’episodio che vi stiamo per raccontare non è avvenuto in Italia, ma in Brasile, e la vicenda è stata ripresa dalla stampa del Paese sudamericano, con ampi servizi e approfondimenti, sia sui precedenti che sui comportamenti da tenere prima di consumare pesce di provenienza sconosciuta.

Morto dopo aver mangiato un pesce particolare: cosa è accaduto

Attento a cosa mangi (Spraynews.it)

In sostanza, stando a quanto è stato possibile ricostruire, l’uomo è stato ricoverato per 35 giorni, ma non ha resistito alle complicazioni ed è deceduto in un ospedale privato. La causa è legata all’ingerimento di un pesce particolare, che ha mangiato incautamente: si trattava di un pesce palla, che gli esperti sanno contenere una neurotossina molto pericolosa, la tetrodotossina.

Secondo quello che hanno spiegato i familiari, hanno ricevuto il pesce da un amico, poi l’uomo che si è sentito male lo ha pulito e consumato il fegato. Anche l’amico avrebbe ingerito il pesce ed entrambi si sono sentiti male poco dopo l’assunzione, per il 46enne le condizioni sono apparse più serie: è stato ricoverato con un arresto cardiaco. Dimesso dopo appena una settimana, invece, l’amico.

La tossina contenuta in diversi esemplari di pesce palla e non solo può essere letale per l’uomo se il pesce non viene preparato correttamente. Purtroppo antidoti adeguati per la tetrodotossina non ne esistono e la terapia consiste nella lavanda gastrica e nell’uso di carbone attivo, sperando che l’organismo non sia stato compromesso. Altri trattamenti includono farmaci particolari e soluzione fisiologica.

Invece, nei casi più gravi, si può ricorrere a tracheotomia, ventilazione assistita o addirittura al coma farmacologico, in attesa che diminuisca l’effetto del veleno. Quello che non tutti sanno è che in Giappone una particolare specie di pesce palla – il fugu – viene servito da cuochi molto esperti, che estraggono il veleno lasciandone però delle quantità minime, per esaltarne le proprietà organolettiche.

Gabriele Mastroleo

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