Arriva in Italia il portale dove con un click si può dare un letto a un ucraino

Si chiama The Science of Where Magazine e consente a chiunque ne abbia la possibilità di offrirsi per ospitare una persona in fuga dalla guerra

Emilio Albertario, noto giornalista e direttore di Sow, in un’intervista a Spraynews, presenta “Beds for Ukraine”, iniziativa realizzata da Esri, multinazionale della geolocalizzazione, che tramite il portale The Science of Where Magazine, consente a chiunque ne abbia la possibilità di offrirsi per dare un letto a un ucraino in fuga dalla guerra.

Da dove parte il progetto?

“Si tratta di un’iniziativa, messa su dalla grande azienda mondiale di geolocalizzazione e di intelligenza artificiale, capitanata da uno dei quattro cavalieri dell’apocalisse, come vengono definiti negli Stati Uniti. Esri è più di una semplice eccellenza. Stiamo parlando di quell’azienda che ha creato le mappe, come abbiamo visto in tutto il periodo della pandemia, per il tracciamento del Covid 19”.

Quale contributo può dare in questo conflitto?

“Nel caso dei rifugiati, Esri ha creato il portale Beds for Ukraine, all’interno del quale ci sono due sezioni: offer the bed e find the bed. Tutti i cittadini del mondo, andando sul portale e registrandosi, hanno la possibilità di offrire un’accoglienza per un periodo a loro scelta. Chi, invece, ne ha bisogno potrà vedere una cartina aggiornata del pianeta, compresa l’Italia, con tanti pallini. Cliccando su di essi si apriranno delle finestre con le varie città e una serie di indirizzi di persone, qualificatesi con nome, cognome, indirizzo alle quali il rifugiato si può rivolgere attraverso una mail o un numero di cellulare per chiedere ospitalità”.

Quando è partito il progetto?

“Negli Stati Uniti ha cominciato a funzionare già da alcuni giorni, mentre nel resto del mondo tutte le filiali di Esri, compresa quella italiana, lo stanno lanciando adesso”.

Nel nostro paese già ci sono richieste?

“Per ogni nazione c’è un contatore, dove viene specificato il numero di persone che offrono un letto e di chi lo richiede. Abbiamo cercato di pubblicizzare l’iniziativa, dando questa mattina notizia alle agenzie e sul nostro portale The Science of Where Magazine. Circa qualche ora fa c’erano già oltre trecento offerte e centocinquantasette domande solo per chi ha cliccato Italia”.

Perché la geolocalizzazione, in tal senso, può considerarsi un successo?

“Il progetto sta avendo un successo mondiale perché aiuta davvero i rifugiati. Si hanno informazioni reali e non fake news. Ogni utente è tracciabile. Viene garantita, quindi, una sorta di sicurezza anche per la persona che deve essere ospitata”.

Chi sfrutta le cosiddette tratte, però, potrebbe approfittarne…

“Ogni indirizzo viene verificato. In questo modo, anzi, è possibile vedere dove va ogni singola persona che arriva dall’Ucraina. C’è poca privacy, ma siamo in tempo di guerra e di migrazioni. Esiste una grande tracciabilità che in questo caso allontana chi vuole speculare. Le tratte non possono esserci perché se un utente x si offre più volte scatta una sorta di allarme”.

Quali possono essere, invece, i vantaggi per chi ospita?

“Dipende dal rapporto che si vuole instaurare con la persona che si accoglie. Il permesso per un rifugiato è temporaneo, ma allo stesso tempo tanti sono coloro che decidono di prolungarlo per iniziare una sorta di percorso lavorativo”.

Le persone, quindi, sono avviate anche al mondo del lavoro?

“Una popolazione sempre più anziana ha bisogno di determinati servizi. Stiamo parlando di un popolo, che a differenza di come dice qualcuno in televisione, non è formato da tutte badanti e colf. Stiamo parlando, invece, di gente che sa svolgere diversi lavori e anche in modo molto professionale. Non a caso il portale intende pure aiutare le aziende che ricercano determinate figure lavorative. Una cooperativa può iniziare dall’accoglienza, ma non è detto che poi sia anche un punto di partenza per avviare le persone al mondo del lavoro”.

Potrebbe rappresentare un modello?

“Potrebbe essere un esempio nel disordine che invece oggi caratterizza gran parte dell’immigrazione”.

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